Anche oggi, 21 novembre, si celebra un qualcosa che stavolta risponde alla giornata internazionale dell’albero. L’ennesima pagliacciata, come tutte le giornate dedicate a qualcosa. Penso che sia assolutamente inutile promuovere una sensibilizzazione qualunque dedicando un giorno ad essa, e gli altri 364 giorni che facciamo? Beh il messaggio che passa chiaro e tondo è che possiamo tranquillamente pensare ad altro. Ed è proprio così, di fronte ai proclami, alle manifestazioni ed a qualunque altro gesto in funzione di, non rimane proprio un bel niente nella mente e nel cuore delle persone.
Ma non voglio divagare, parliamo di alberi che in fondo sono una gran rottura. Durante l’autunno sono un costo esorbitante per la raccolta delle foglie. Durante la primavera e la fioritura disturbano con il loro polline, durante l’estate rilasciano resine ed altri prodotti che, parliamoci chiaro, sono una vera scocciatura per chi vuole mantenere l’auto intonsa. Forse la stagione giusta per gli alberi è l’inverno, non ci sono foglie, non ci sono resine, non ci sono pollini, ma solo una serie di manichini intirizziti dal freddo che fanno da contorno ai nostri grigi orizzonti urbani. Poi però capita che una sfuriata faccia spezzare qualche ramo o cadere qualche pianta ed allora manco l’inverno ha più ragione di essere la stagione giusta per gli alberi. Gli alberi sono semplicemente un di più che oscura il nostro orizzonte di progresso e opulenza.
Tagliamo, potiamo, sradichiamo per cercare di contenere una forza dirompente della Natura che con la sua lentezza è semplicemente incompatibile con il nostro stile di vita. Le nostre amministrazioni eliminano piante secolari nascondendosi con un dito dietro ai proclami di nuove piantumazioni. Alberi senza futuro che paiono fiammiferi sbilenchi lasciati soli ad affrontare una natura, quella umana, insensibile ed ignobile. Come sopravvivere a tutto questo sfacelo proprio non lo so, tutti continuano a dire che per le generazioni future un futuro non ci sarà, bene ma allora che si faccia qualcosa oltre che invocare il dio della distruzione. Oramai le nuove generazioni sono dietro l’angolo, incalzano con le loro necessità che gioco forza non sono quelle della Natura, ma quelle di un mondo fondato sul consumo di qualunque cosa.
Mi sovviene un’immagine di molti film nei quali l’alieno di turno viene presentato come colui che guarda alla Terra come una fonte di sussistenza utile ad essere prosciugata alla stregua di tanti altri pianeti prima di lei. Ebbene, quegli alieni siamo noi. Alieni terrestri goffamente travestiti da “umani” che altro non vedono se non l’immediato loro futuro circoscritto al proprio giardino di casa. Mi dispiace per gli ottimisti ma io sto con i pessimisti e dal mio piccolo balcone vedo un futuro nero pece per noi uomini.
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